Santo Stefano Maggiore: una basilica poco conosciuta, oscurata dalla fama della sua vicina San Bernardino alle Ossa, una delle chiese più conosciute di Milano. Ma Santo Stefano Maggiore è una chiesa che è ricca di fascino e, soprattutto, protagonista importante della storia della città.

  1. La storia
  2. Galeazzo Maria Sforza
  3. Come arrivare
  4. Approfondimenti

La storia

La costruzione di Santo Stefano Maggiore, iniziata nel 417, per volere del futuro vescovo di Milano Martiniano Osio, è legata a quella che è conosciuta come “pietra degli Innocenti”. Il luogo scelto per l’edificazione di Santo Stefano Maggiore si trovava nei pressi di un antico cimitero dove era conservata la cosiddetta pietra degli innocenti: una pietra che, secondo la tradizione cristiana, avrebbe indicato il luogo di sepoltura di 4 martiri cristiani trucidati nel IV secolo, all’epoca dell’imperatore Valentiniano I. E proprio questa pietra è conservata all’interno di Santo Stefano Maggiore, protetta e custodita all’interno di una cameretta posta sotto il pavimento, chiusa con una grata in bronzo e segnalata da una targa posizionata lungo la navata centrale.

Santo Stefano Maggiore: la pietra degli innocenti

Santo Stefano Maggiore: la pietra degli innocenti

Ma prima ancora, Santo Stefano Maggiore era inizialmente dedicata a un altro santo, il profeta Zaccaria: fu solo nel X secolo che l’intitolazione venne modificata in favore di Stefano. Ma poiché numerose erano le chiese dedicate a questo santo, si prese l’abitudine di chiamarla col nome di Santo Stefano in Brolo (dal nome storico dell’area), per differenziarla dagli altri edifici religiosi omonimi. Purtroppo, come accaduto anche per altri importanti edifici religiosi costruiti con materiali facilmente infiammabili, nel 1070 un devastante incendio distrusse completamente la chiesa che venne quindi ricostruita in stile romanico e dedicata a Santo Stefano. Come attestato da documenti storici, la riedificazione di Santo Stefano Maggiore non si discostò dall’aspetto originario della chiesa. Secondo studi eseguiti dall’architetto e archeologo Ferdinando Reggiori, la basilica avrebbe presentato tre ampie navate tutte terminanti con abside, divise in sei campate: le campate sarebbero state di forma rettangolare in senso trasversale nella navata centrale e di forma quadrata nelle navate laterali. La facciata della basilica medievale sarebbe stata a due spioventi con una grande finestra circolare in corrispondenza della navata mediana e la torre campanaria, di impianto quadrato terminante a cuspide, si sarebbe trovata sul lato sinistro della basilica. Nel 1112, di fronte alla facciata, venne aggiunto un ampio nartece diviso in cinque campate. Il nartece era quella parte delle basiliche paleocristiane e bizantine costituita da un vestibolo per lo più addossato all’esterno della facciata avente funzione altamente simbolica. Come suggerisce l’etimologia del nome (dal greco νάρθηξ – nárthēx, “bastone, flagello” simbolo di pentimento e punizione), infatti, il nartece era destinato a ospitare i catecumeni e soprattutto i pubblici penitenti.

Esempio di nartece

Ma l’evento che senza dubbio segnò l’ingresso di Santo Stefano Maggiore nella storia di Milano fu l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, assassinio che proprio qui venne perpetuato durante le celebrazioni per la festa di Santo Stefano, il 26 dicembre 1476. Un gruppo di tre congiurati, composto da Giovanni Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati e Carlo Visconti, era in attesa sul sagrato della chiesa: appena il duca ebbe varcato il portone di ingresso di Santo Stefano Maggiore, venne aggredito e pugnalato a morte. Il destino del gruppo di assalitori non fu migliore di quello riservato al Duca di Milano: Giovanni Andrea Lampugnani venne ucciso sul posto, Girolamo Olgiati catturato dopo una breve fuga venne giustiziato mediante squartamento e Carlo Visconti condannato a morte. Una lapide posta all’interno della chiesa ricorda proprio questo sanguinoso evento, reso ancora più raccapricciante per essere avvenuto tra le mura di un edificio sacro.

Santo Stefano Maggiore: lapide commemorativa omicidio Galeazzo Maria Sforza

Santo Stefano Maggiore: lapide commemorativa omicidio Galeazzo Maria Sforza

Dopo l’efferato omicidio, Santo Stefano Maggiore andò incontro a un periodo di degrado, probabilmente dovuto alla scarsa qualità dei materiali utilizzati per la sua ricostruzione. Nel 1567 Carlo Borromeo, in seguito alla sua visita alla chiesa, ordinò l’inizio dei lavori per il suo recupero e come nella maggior parte degli interventi della riforma borromaica, anche questo progetto venne affidato al fidato architetto Pellegrino Tibaldi. Nei disegni di Tibaldi, oltre alla ricostruzione della cappella maggiore, era prevista la demolizione dei pilastri addossati alla navata e la sistemazione di quelli di alcune cappelle. Tuttavia gli ingenti lavori di restauro dovettero aspettare 20 anni: vennero infatti iniziati solo al finire del secolo, nel 1594, sotto la direzione di Giuseppe Meda, pittore e architetto attivo alla fabbrica del Duomo e alla cui mano si deve la costruzione del cortile del seminario arcivescovile di Milano. Fu così che la chiesa di Santo Stefano Maggiore perse il suo aspetto romanico per assumere quello che possiamo ammirare oggi.

Santo Stefano Maggiore

La navata mediana venne rialzata e divisa in sei arcate sostenute da pilastri, che contribuirono a creare un effetto di magnificenza, pur mantenendosi ariosa e semplice. Nel 1620 la facciata e il portico medievali vennero demoliti, così come il nartece, e dieci anni più tardi si decise l’allungamento dell’edificio per occupare lo spazio lasciato libero dalla demolizione dell’atrio. Nel 1642, fu ricostruito il campanile a opera dell’architetto Gerolamo Quadrio, architetto-capo della Fabbrica del Duomo, a cui si debbono anche la cupola di Santa Maria alla Porta di Milano, la cappella Arese nella Chiesa di San Vittore al Corpo a Milano, Villa Mirabello a Monza. Il nuovo campanile venne eretto sul lato opposto rispetto alla posizione di quello precedente.

Santo Stefano Maggiore - incisione Dal Re - 1745

Santo Stefano Maggiore – incisione Dal Re – 1745

Gli ultimi interventi sono datati 800: l’altare maggiore fu sostituito con un tempietto circolare opera di Giuseppe Levati, che si impegnò anche nel restauro di molte cappelle uniformandone gli altari. Da tutti questi interventi Santo Stefano Maggiore acquistò un aspetto decisamente particolare, quasi straniante: colpisce infatti, in maniera inaspettata, la sua imponenza che contrasta con un’altezza relativamente ridotta rispetto alle altre due dimensioni della larghezza e soprattutto della lunghezza. Una chiesa corta, dunque, ma massiccia e maestosa.

Santo Stefano Maggiore

Oltre alla pietra degli innocenti, la chiesa di Santo Stefano Maggiore custodisce altre reliquie sacre: qui, infatti, San Carlo Borromeo fece trasferire le spoglie dei santi Leone, Arsazio, Marino, Mamete e Agapito, che trovarono posto accanto a quelle già presenti dei santi Martiniano Osio, Ausano e Mansueto, arcivescovi di Milano. Infine non possiamo non citare la pala di Camillo Procaccini raffigurante San Teodoro, situata sopra l’altare della Cappella Trivulzio, una delle cappelle laterali di Santo Stefano Maggiore.

Ma l’importanza storica di Santo Stefano Maggiore non si risolve unicamente nel lugubre episodio dell’omicidio di Galeazzo Sforza: un altro evento, di ben altro sentore, ha infatti reso importante questa chiesa. Qui infatti, il 30 settembre 1571, venne battezzato Michelangelo Merisi, il Caravaggio, come attestato dal certificato di battesimo rinvenuto nel 2007 e custodito presso l’archivio della basilica di Santo Stefano Maggiore. Ritrovamento questo che ha messo definitivamente fine a una lunga disputa fra gli studiosi su quale fosse la sua vera città natale: se Caravaggio in provincia di Bergamo o, appunto, Milano.

Galeazzo Maria Sforza

Personaggio ambiguo, dai molti volti e dai molti contrasti: Galeazzo Maria Sforza ha segnato, nel bene e nel male, la storia di Milano con la sua sfaccettata personalità. Galeazzo nasce a Fermo il 14 gennaio 1444, figlio primogenito di genitori che furono determinanti per la città di Milano: Bianca Maria Visconti, ultima discendente legittimata della casata che aveva governato la città per quasi due secoli, e Francesco Sforza, già condottiero al servizio dei Visconti e primo signore di Milano ad appartenere ad una nuova dinastia.

Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti

Gian Galeazzo ereditò il ducato all’età di ventidue anni, alla morte del padre, avvenuta il 8 marzo 1466: l’ingresso trionfale di Galeazzo, con i festeggiamenti in pompa magna organizzati dalla madre Bianca Maria, ebbe luogo il 20 marzo 1466. I primi anni di reggenza di Galeazzo furono pesantemente condizionati dalla figura della madre, che di fatto era la reale detentrice del potere: una situazione, questa, destinata inevitabilmente a creare frizione e discordie tra i due, soprattutto visto il temperamento irascibile e autoritario di Galeazzo. Fu così che nel 1468, Bianca Maria fu costretta a lasciare Milano e ritirarsi a Cremona, città che non riuscì a raggiungere, morendo proprio durante il viaggio, a Melegnano. Galeazzo Maria Sforza, nello stesso anno, nonostante fosse stato promesso a Dorotea Gonzaga, sposò Bona di Savoia, cognata del re di Francia: un matrimonio chiaramente più vantaggioso dal punto di vista delle alleanze.

Galeazzo e Bona

Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia

Durante la sua reggenza, nonostante la vita privata dai costui decisamente licenziosi, dal punto di vista dell’amministrazione cittadini, Galeazzo si dimostrò un abile amministratore, introducendo importanti migliorie per il ducato di Milano. Tra queste, solo per citare alcune esempi, ricordiamo soprattutto l’introduzione dell’arte della stampa, che a Milano trovò fertile terreno, tanto da renderla capitale dell’editoria, la trasformazione delle colture con l’obbligo per i proprietari terrieri a piantare alberi di gelso e l’incentivo alla coltivazione della seta. Ma l’innovazione che fu indice di lungimiranza. destinata ad avere un impatto notevole nella storia del Nord Italia, fu la spinta a iniziare la produzione del riso, considerato fino ad allora una spezia. Galeazzo rese inoltre navigabili la Martesana e quella parte di naviglio pavese tra Pavia e Binasco. Fu sempre sotto la sua reggenza che venne deciso di introdurre un sistema di censimento e anagrafe su base civile e non più ecclesiastica. Infine gli ultimi anni della vita di Galeazzo Sforza lo videro impegnato nel riordino del sistema delle emissioni monetarie della Zecca di Milano, rinnovandone i nominali e curando particolarmente la purezza della lega. Sempre in quest’ottica ordinò lo spostamento dell’edifico della Zecca, dalla sua storica collocazione risalente all’epoca romana presso la chiesa di San Mattia alla Moneta (attuale via Moneta), alla strada adiacente (oggi battezzata Zecca vecchia) in un edificio di dimensioni maggiore e meglio attrezzato. Queste modifiche si accompagnarono all’impiego di personale tecnico-professionale anche di provenienza straniera, strutturando gerarchicamente gli offici ducali e svuotando cariche di governo che sino ad allora erano state appannaggio del ceto egemone di Milano e del Ducato. Politiche, queste, che chiaramente crearono un clima di malumore e scontento tra i nobili milanesi.

Ma dal punto di vista della vita privata, lo abbiamo detto, Galeazzo Maria Sforza fu decisamente personaggio ambiguo, dalle forti ire e dai più forti appetiti: collezionò infatti una serie di amanti, da cui ebbe svariati figli. Inoltre il Duca di Milano amava spendere gran quantità di denaro per circondarsi di lusso e bellezza, e della sua passione se ne giovò prevalentemente il Castello, più volte sottoposto a restauri e a innovazioni.

Galeazzo Maria Sforza - ritratto- Piero del Pollaiolo

Galeazzo Maria Sforza – ritratto- Piero del Pollaiolo

Come abbiamo visto, Galeazzo incontrò la morte nella basilica di Santo Stefano Maggiore, durante le celebrazioni del santo omonimo, per mano di un gruppo di congiurati, forse sobillati da Ludovico il Moro, nei cui piani vi era quello di usurpare il potere. A causa del clima teso conseguente all’omicidio di Galeazzo, i funerali si tennero la notte stessa, e il corpo fu portato in Duomo, dove venne tumulato durante la notte in una porzione di terreno compreso tra due colonne, evitando di segnalare il posto con indicazioni o altri segni, affinché nessuno potesse rinvenire il cadavere.

Lasciamoci quindi con le parole di Galeazzo stesso, un duca molto particolare, che nonostante gli innumerevoli vizi, lasciò una Milano prospera e tutto sommato in pace.

“Che peccati ho io? Ne ho pochissimi. Io non ho dell’altrui, né tolgo dell’altrui indebitamente. Sono pomposo un poco: non è un gran peccato in un Signore, se sono superbo. Io ho solamente il peccato di lussuria, ma quello lo ho in tutta perfezione, perché lo ho adoperato in tutti quei modi e forme che si possa fare”

Come arrivare

La chiesa di Santo Stefano Maggiore si trova in piazza Santo Stefano, nel pieno centro di Milano e quindi facilmente raggiungibile dalla sede di International Residence in via Gustavo Modena. E’ possibile utilizzare i mezzi del trasporto pubblico, sia sotterranei che di superficie, le cui fermate sono tutte a pochi passi di distanza dalla sede di International Residence. Volendo, si può anche scegliere di raggiungere Santo Stefano Maggiore a piedi con una breve passeggiata lungo le vie del centro cittadino.

Approfondimenti

Per pianificare una visita a Santo Stefano Maggiore consigliamo di visitare la pagina ufficiale della chiesa: http://www.migrantimilano.it/

Per approfondimenti su argomenti inerenti alla chiesa di Santo Stefano Maggiore rimandiamo alle seguenti risorse: Santa Maria Incoronata, la chiesa gemella del 1400, San Vittore al Corpo: gioiello del 500