Il Carnevale Ambrosiano, questa stranezza che porta la città a festeggiare il carnevale in giorni diversi rispetto al resto d’Italia, seguendo il calendario ambrosiano anziché quello romano. Differenza rilevante ma per il resto nulla cambia: ci sono le maschere, i carri, i coriandoli, le stelle filanti, le chiacchiere e i tortei. Tuffiamoci quindi nel clima carnevalesco di Milano e vediamole, queste sue tipicità.

  1. Le maschere di Milano
  2. Gli albori del carnevale ambrosiano
  3. La liturgia ambrosiana
  4. Il calcolo dei 40 giorni
  5. I tortelli del carnevale ambrosiano
  6. La ricetta dei tortelli di Iginio Massari
  7. I migliori tortelli di Milano
  8. Approfondimenti

Le maschere di Milano

Meneghino

Meneghino, come dice il nome, è la maschera milanese per eccellenza, da sempre raffigurato con la giacca verde scuro, panciotto a fiori, calzoni corti e scuri, calze a righe rosse e in testa un cappello a tre punte da cui spunta un codino alla francese.

Carnevale Ambrosiano - Meneghino

Carnevale Ambrosiano – Meneghino

Il nome Meneghino sembrerebbe derivare dal termine “domeneghini” che indicava quella pletora di servitori che tra i secoli XVI e XVIII prestava servizio nelle case dei milanesi del ceto medio unicamente nella giornata di domenica, in occasione di pranzi e ricevimenti che si usava dare nella giornata festiva, e per farsi accompagnare a Messa. Meneghino è indiscusso personaggio della Commedia dell’Arte e protagonista del carnevale ambrosiano, dove personifica il servitore poco servile e piuttosto irriverente, a volte codardo e spesso ridicolo, ma in qualche occasione capace di imprevedibile astuzia. Ma prima di tutto questo fu il poeta Carlo Maria Maggi a dare luce a Meneghino, rendendolo protagonista di ben quattro commedie da lui scritte alla fine del 1600 (Il manco male; Il barone di Birbanza; I consigli di meneghino; Il falso filosofo). Non a caso Carlo Maria Maggi è considerato il “padre della letteratura milanese”, riconosciuto maestro da tutti i grandi letterati milanesi che seguirono, da Balestrieri, a Parini, a Porta, e tuttora irrinunciabile punto di riferimento della letteratura meneghina. Furono proprio i successi delle commedie del Maggi a decretare la trasformazione di Meneghino in una vera e propria maschera, anzi nella maschera per eccellenza del carnevale ambrosiano. Successivamente, a partire dall’800, Meneghino diventerà una presenza fissa, la principale, del carnevale ambrosiano quando venne portato sulle scene dal grande attore Giuseppe Moncalvo che diede al personaggio di Meneghino un nuovo spessore, inserendolo in ogni tipo di commedia, con improvvisazioni su temi di attualità e conferendo al personaggio una connotazione patriottica, soprattutto in occasione dei moti del 1848. La maschera di Meneghino ha rappresentato diverse figure nel corso dei secoli: servo e padrone, astuto mercante e sciocco contadino. Ma la caratterizzazione principale della maschera di Meneghino è quella del libero battitore, fustigatore dei vizi e della doppia morale di quei signori di cui era al servizio. Meneghino è un tipo schietto, diretto, attacca bottone con tutti ed è l’emblema della laboriosità e della generosità dei milanesi Proprio il suo spirito libero lo resero il simbolo del popolo milanese durante la dominazione austriaca, che vedeva in lui quell’anelito alla libertà, alla ribellione e all’indipendenza dal giogo austriaco. E lasciamo la parola a Meneghino stesso, con la sua filastrocca, ideata dallo scrittore Domenico Volpi:

Sono una maschera innamorata della città che m’ha creata. Porto nel cuore la “Madunina” e canto sempre ogni mattina. Col panettone in una man ché “el me’ Milan, l’è un gran Milan!”. I più ribaldi e gli aggressori, in ogni tempo li feci fuori.

Domenico Volpi – Le maschere italiane

La Cecca

In ogni commedia che si rispetti, la riuscita migliore è assicurata dalla presenza in scena di una coppia ben affiatata: quindi ecco apparire Francesca, la moglie di Meneghino, detta La Cecca per i suoi vestiti decorati con guarnizioni e nastri. Donna risoluta e intraprendente la Cecca si adopera per procurare al marito ciò che i suoi padroni vogliono e che Meneghino non riesce a ottenere.

Carnevale Ambrosiano - La Cecca

Carnevale Ambrosiano – La Cecca

Cecca e Meneghino rappresentano la tradizionale coppia milanese che con buona volontà, fantasia, abilità e sacrificio riesce sempre a far quadrare i conti. Una particolarità che distingue queste due maschere dalle altre della tradizione italiana è il fatto di avere entrambe il volto scoperto, a testimoniare l’autenticità e l’onestà d’animo dei due personaggi.

Meneghino e La Cecca

Meneghino e La Cecca

Beltrame

Prima ancora di Meneghino, Agli albori della tradizione carnevalesca ecco Beltrame, conosciuto anche come Beltramm de Gaggian perché proveniva da Gaggiano o Beltramm de la Gippa in riferimento all’ ampia casacca indossata dal personaggio. Beltrame rappresenta la figura del contadino stolto e sempliciotto desiderio di apparire molto più signore di quanto non sia in realtà, finendo così per mettersi in ridicolo, coprendosi di imbarazzo.

Carnevale Ambrosiano - Beltrame

Carnevale Ambrosiano – Beltrame

Gli albori del carnevale ambrosiano

Nel 1880 i festeggiamenti per il carnevale iniziano a prendere sempre più corpo nella nuova zona popolare di porta Genova, che gravitava economicamente attorno al macello, al mercato del bestiame e al nuovo scalo ferroviario (grossomodo la zona che oggi si estende tra sant’Agostino e parco Solari). Nasce così la celebre fiera di porta Genova, che avrà una lunghissima tradizione e che avrà proprio in Meneghino il suo protagonista e che sarà spesso la zona di partenza dei carri allegorici tipici del carnevale.

La liturgia ambrosiana

A Milano il carnevale si celebra il sabato dopo le Ceneri, quando per tutti è già tempo di Quaresima. Quello che apparentemente può sembrare un vezzo della città trova invece origine e senso in una liturgia antica, circondata da diverse leggende popolari che ruotano intorno alla figura di Sant’Ambrogio. La principale di tali leggende narra infatti che Ambrogio, dovendosi recare fuori città per un pellegrinaggio, avesse assicurato ai suoi fedeli che sarebbe tornato in tempo per il carnevale e dare il via alla Quaresima. Nonostante il vescovo fosse stato costretto a posticipare il rientro al sabato, i suoi cittadini decisero comunque di aspettarlo per iniziare la Quaresima, prolungando così i festeggiamenti del carnevale e dando così avvio a quello che sarebbe diventato il tradizionale carnevale ambrosiano.

In realtà l’origine della diversa tempistica del carnevale ambrosiano rispetto a quello tradizionale risiede nella liturgia ambrosiana, adottata dalla diocesi milanese e che, a dispetto del nome, non risale a Sant’Ambrogio ma a un altro vescovo, il misconosciuto Eugenio. Il rito ambrosiano, data la grande importanza e il peso della chiesa milanese, riuscì a sopravvivere alla soppressione dei riti occidentali minori risalente alla fine del VI secolo quando papa Gregorio I decise di estendere a tutta la chiesa occidentale la liturgia romana. La definitiva legittimazione della liturgia ambrosiana si ebbe poi con il Concilio di Trento, concilio voluto dal papa milanese Pio IV e animato dal vescovo di Milano san Carlo Borromeo. Le differenze tra il rito romano e quello ambrosiano sono molteplici, anche se non così significative da rivoluzionare completamente le celebrazioni liturgiche: infatti la celebrazione della Messa presenta gli stessi elementi della Messa del rito romano, ma alcuni di essi sono disposti diversamente. Ad esempio lo scambio del gesto di pace non è immediatamente prima della comunione dei fedeli, ma viene anticipato al termine della Liturgia della Parola, prima della preparazione dei doni. Un’altra differenza è la considerazione del sabato come giorno festivo e non feriale, anche se in modo minore rispetto alla domenica, in continuità con la tradizione ebraica.

 

Il calcolo dei 40 giorni

Come abbiamo detto nel rito romano la Quaresima inizia con il mercoledì delle ceneri mentre nel rito ambrosiano nello stesso giorno si è ancora in pieno Carnevale e la Quaresima inizia solo la domenica successiva. Il motivo di questa differenza temporale risiede nel diverso calcolo dei 40 giorni: con una semplificazione notevole, calendario alla mano, se si contano 40 giorni partendo a ritroso dal giovedì santo si giunge esattamente alla prima domenica di Quaresima. Quindi i quaranta giorni di penitenza iniziano alla sesta domenica prima di Pasqua e giungono fino al triduo pasquale escluso, che comincia per l’appunto ai vespri del giovedì santo. Nel rito ambrosiano la Quaresima è intesa come un periodo di quaranta giorni di penitenza ma non di stretto digiuno, dato che, secondo un ‘antichissima tradizione, di domenica non si doveva digiunare. Fu solo nel Medioevo che subentrò l’idea dei quaranta giorni effettivi di digiuno, con la Quaresima concepita più come periodo di preparazione alla domenica di Pasqua, che non al triduo pasquale. Riguardo al tema che qui ci interessa, ossia il carnevale ambrosiano, bisogna innanzitutto dire che l’Avvento ambrosiano dura sei settimane, contro le quattro del rito romano, mentre la Quaresima inizia la domenica successiva al “mercoledì delle ceneri” con l’imposizione delle ceneri al termine della Messa festiva. Nel rito ambrosiano i 40 giorni di penitenza prima della Quaresima sono tutti consecutivi mentre nel rituale romano non si contano le domeniche, da sempre ritenute giornate esenti da digiuno. Per questo nel resto del paese il carnevale finisce il martedì precedente, 4 giorni prima rispetto al sabato del carnevale ambrosiano. Il rito ambrosiano non ha mai considerato il mercoledì delle ceneri come inizio del tempo quaresimale, ma ha sempre fatto iniziare questo periodo liturgico dalla sesta domenica prima di Pasqua, o prima domenica di Quaresima, La settimana santa inizia con la domenica immediatamente precedente la Pasqua, la domenica “delle palme”, mentre la Quaresima ambrosiana termina al giovedì santo, perché al tramonto di questo giorno, con la messa che ricorda l’istituzione dell’eucaristia e l’inizio della Passione, cominciano i tre giorni più importanti della liturgia cristiana, che segnano la fine della Quaresima (il triduo pasquale).

I tortelli del carnevale ambrosiano

Come tutti i carnevali italiani, anche quello ambrosiano ha i suoi dolci caratteristici. Oltre alle chiacchiere, che sono presenti in tutte le regioni, che a Milano vengono cotte al forno e non fritte, a caratterizzare il carnevale ambrosiano sono sicuramente i tortelli, o meglio, i tortei. Ovviamente si tratta di dolci diffusi su tutto il territorio italiano che prendono nomi diverse nelle diverse regioni, come castagnole, frittole, frittelle: mentre l’impasto rimane sempre lo stesso, le differenze principali si riscontrano nell’aggiunta di qualche ingrediente particolare, come frutta secca, frutta candita, spezie e liquore, oppure nella farcitura. Si tratta di dolci simili alle zeppole di San Giuseppe, ma senza la caratteristica forma a ciambellina e il buco in mezzo: deliziose palline fritte in abbondante olio, cosparse poi di zucchero semolato.

I tortelli, una volta fritti, si presentano dorati all’esterno, morbidi e cavi all’interno: si prestano quindi molto bene ad essere farciti con vari tipi di crema o cioccolato, anche se ovviamente si possono gustare anche vuoti. I tortelli erano considerati dal popolo come speranza di un anno senza fame, è quindi di buon augurio mangiarli e condividerli con gli amici.

La ricetta dei tortelli di Iginio Massari

Per chi si voglia cimentare nella preparazione dei tortelli tipici del carnevale ambrosiano, lasciamo la ricetta del maestro Iginio Massari:

• 250 g di acqua
• 12 g di zucchero
• 4 g di sale
• 125 g di burro
• 225 g di farina 00
• la scorza grattugiata di 1/2 limone
• 300 g di uova
• zucchero vanigliato

I tortelli di Massari

Procedimento: in un tegame fate bollire l’acqua con lo zucchero, il sale, il burro. Incorporate la farina precedentemente setacciata, mescolandola in continuazione fino ad ottenere una polentina da cuocere per circa due minuti. L’impasto si staccherà perfettamente dalle pareti della pentola: a questo punto basterà ancora un minuto di cottura. Trasferite la polentina in una planetaria con la foglia, fatela leggermente raffreddare. Avviate la macchina a bassa velocità, incorporate la scorza di limone grattugiata e, pian piano, anche le uova, una alla volta, fino ad ottenere una pasta liscia, lucida e omogenea. Con il composto formate tante piccole palline e friggetele per qualche minuto in abbondante olio caldo. Scolateli e a piacere cospargeteli di zucchero semolato.

I migliori tortelli di Milano

Dove poter trovare dei fantastici tortelli meneghini (e non solo):

Approfondimenti

Per approfondimenti su tradizioni milanesi rimandiamo alle seguenti risorse: Piatti tipici: 2 ricette della tradizione, Il panettone: dal 1400 sulle nostre tavole