Panettone o pandoro? Nell’eterna lotta tra il lievitato preferito delle feste, per ovvie ragione campanilistiche noi ci concentreremo sul panettone, ma senza sbilanciarci su quali siano le nostre effettive preferenze.
Iniziamo quindi un breve viaggio, quasi filologico, alla scoperta del panettone, dalle origini leggendarie fino alle rivisitazioni moderne (alcune delle quali forse un attimo azzardate) passando dalla storia di un marchio che del panettone ha fatto il proprio simbolo e il proprio successo.

  1. Le leggende
  2. Il Natale di suor Ughetta
  3. Da Ughetta a Ughetto
  4. Il cuoco sbadato
  5. La storia ufficiale
  6. Arriva Angelo Motta
  7. Le nostre pasticcerie preferite
  8. Approfondimenti

Le leggende

Come ogni tradizione che si rispetti, anche quella sull’origine del panettone è composta da un intreccio di elementi storici e leggendari, che la avvolgono in una dolce atmosfera di antichi amori e fortunati errori.

Il Natale di suor Ughetta

Questa è la leggenda minore, quella che trova meno sostenitori e vede protagonista una suora, responsabile della cucina di un povero monastero di monache di clausura di Milano. cui si ignora l’ubicazione. Suor Ughetta, questo il nome della nostra protagonista, per rendere più felice il Natale delle sue consorelle, decise di preparare un dolce impastando un pan dolce con uvetta, burro e canditi ma prima di infornarlo, il colpo di genio: un’incisione a forma di croce sulla sommità che, in cottura, donò al dolce la sua caratteristica forma a cupola. Ovviamente il successo fu talmente grande che tutta la città iniziò a mettersi in fila alle porte del monastero per acquistare il “pane grande delle monachelle” assicurando al convento entrate sufficienti per non soffrire più la povertà. Una piccola curiosa coincidenza: Ughetta non è solo il nome della suora misteriosa ma anche il termine usato nel dialetto milanese per dire uvetta.

Suor Ughetta

Da Ughetta a Ughetto

La più romantica tra le leggende che circondano la nascita del panettone ci conduce nella Milano degli Sforza. Protagonista di questa storia è il giovane falconerie del duca, Ughetto appunto, figlio del condottiero Giacometto degli Atellani: come nelle migliori tradizioni romantiche, Ughetto s’innamorò perdutamente della bella figlia di un fornaio, Adalgisa. Ma come Capuleti e Montecchi insegnano, la famiglia Atellani non riteneva la fanciulla degna del proprio rampollo. Così Ughetto, per convincere i genitori e soprattutto per rimanere vicino alla sua amata, si fece assumere come garzone nella bottega della bella Adalgisa: ma gli affari non andavano decisamente nel migliore dei modi, tanto che Adalgisa e famiglia rischiavano di finire in rovina. Fu così che Ughetto decise di vendere una coppia dei suoi falchi per riuscire a comperare del burro da aggiungere all’impasto del pane in modo da rendere quello sfornato dalla loro bottega il pane più buono di Milano. Ma il nostro Ughetto, detto Toni, era giovane ambizioso e dopo aver venduto altri falchi di sua proprietà, oltre al burro aggiunse anche uvetta sultanina e cedro candito: ed ecco qua il nostro panettone, pronto a entrare nelle case d’Italia per i secoli a venire. Il successo fu strabiliante: file di cittadini cominciarono ad assieparsi alle porte del forno di Adalgisa, assicurando così il benessere economico della famiglia per le successive generazioni, rendendola degna della casata degli Atellani. Superfluo sottolineare il lieto fine, con il matrimonio tra il nostro Ughetto e la bella Adalgisa, anche se non sappiamo se Ughetto nostro abbia continuato la sua carriera di pasticcere. In questo caso il nome panettone deriverebbe da “grosso pane” per via della forma e della derivazione dall’impasto del pane.

Ughetto e Adalgisa

Il cuoco sbadato

Sempre Milano, sempre gli Sforza: sontuoso pranzo di Natale, con la migliore nobiltà radunata alla tavola di Ludovico il Moro. Sfiancato dai preparativi, Toni, il giovane aiutante del cuoco, si addormenta, facendo così bruciare l’impasto per il dolce: panico nel nostro giovane, che si vede già fustigato dal capo cuoco. Ma invece di farsi prendere dallo sconforto, come il migliore dei concorrenti di Bake off o di Masterchef, Toni decide di rimediare sacrificando l’ultimo panetto di burro rimasto impastandolo con i rimasugli degli ingredienti rimasti: ovviamente uova, burro e uvetta. Il buon Toni, lavorando a più riprese l’impasto, riesce così a creare un dolce ancora più gustoso di quello previsto dal menù originale, ottenendo un successo strepitoso. Qui la leggenda ha due ulteriori ramificazioni: chi sostiene sia stato Ludovico il Moro in persona a chiamare il dolce Pan de Ton in onore del piccolo garzone, chi invece sostiene sia stata la popolazione di Milano a battezzarlo Pan de Toni, una volta appresa la storia.

Toni e l’impasto rimediato

La storia ufficiale

Al di là delle leggende, è indubbio che il panettone abbia origini antiche tramandata in via ufficiale da diversi testi, di carattere sia storico che gastronomico. Nel volume Storia di Milano, pubblicato fra il 1782 e il 1799 dallo storico Pietro Verri, viene riportata un’usanza natalizia tipica delle famiglie di Milano in voga almeno fino al XV secolo: nella notte di Natale, il capofamiglia tracciava a croce tre grandi pani per poi servirli a tutti i commensali, mentre gettava nel camino un ciocco di legno ornato di fronde e frutti, del ginepro e un sorso del proprio vino. La tradizione sarebbe già stata presente nel XI secolo, come si evince dalle parole di Verri: “Il giorno del Santo Natale […] si usavano dei pani grandi; e si ponevano sulla mensa anitre e carni di maiale”. Ed è forse proprio da questa antica usanza dei grandi pani che ha origine il panettone. Ipotesi per altro avvalorata dall’emanazione di un editto comunale nel 1395 (anno dell’insediamento del Visconti come Duca di Milano) che permetteva ai panifici cittadini di produrre nel periodo natalizio, in via eccezionale, pani di frumento che nel resto dell’anno erano destinati esclusivamente all’aristocrazia. Lo scopo dell’iniziativa era di carattere simbolico al fine di abbattere, almeno una volta all’anno, le differenze fra i ceti della popolazione milanese, interrompendo la tradizionale suddivisione del pane per ricchi (pane bianco) e per poveri (pane di miglio e pan de mej).

Nel dialetto milanese si iniziò poi a chiamare questo pane speciale, per sua natura prodotto di lusso, arricchito con burro, zucchero e uvetta, pan de Sciori o, anche, pan de Ton per il suo “tono” altolocato, da cui panettone, appunto. Il nome divenne a tal punto popolare da essere inserito già nella prima edizione del dizionario milanese-italiano risalente al 1606 (il “Varon milanes de la lengua de Milan” di Giovanni Capis) che riporta il termine “Paneton de Danedaa” accompagnato con la definizione di “grosso pane preparato in occasione del Natale”.
Due secoli dopo, nel dizionario di Francesco Cherubini, pubblicato fra il 1839 e il 1856, il lemma “Panatton de Nadal” indicava “una specie di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina o sultana”. Un illustre estimatore del panettone pare fosse Alessandro Manzoni, al punto da riceverne ogni anno in omaggio dal forno delle Grucce (il “prestin di scansc” dello storico assalto del 1628). Abbiamo traccia di questa passione dolciaria di Manzoni da un suo ringraziamento inviato nel 1871 al forno stesso: “Al forno delle Grucce, ricco ormai di fama propria e no bisognoso di fasti genealogici, Alessandro Manzoni, solleticato voluttuosamente con vario e squisito saggio nella gola e nella vanità, presenta i più vivi ringraziamenti per il panettone con contorno”.
Nel 1853 compare per la prima volta, tra gli ingredienti codificati, il lievito: per la precisione lo troviamo nel ricettario di Giovanni Felice Luraschi “Il Nuovo Cuoco Milanese Economico”. L’anno successivo, il 1854, compariranno infine anche i canditi di cedro, andando così a concludere l’elenco degli ingredienti necessari e fondamentali per la produzione di un vero panettone: a fregiarsi di questo onore il “Trattato di cucina, pasticceria moderna” di Giovanni Vialardi, cuoco di casa Savoia.

Arriva Angelo Motta

È il 1919 l’anno della definitiva consacrazione del panettone, grazie al talento di Angelo Motta, il terzo figlio di una famiglia di umili origini, che inizia da giovane a lavorare come apprendista in un forno di Treviglio. Sarà proprio questo apprendistato a fargli conoscere la cura ed i segreti di uno degli ingredienti essenziali del suo panettone: l’ormai famoso lievito madre. La grande storia intreccia la vita di Angelo: allo scoppio della prima guerra mondiale infatti le pasticcerie milanesi saranno soggette ad una forte crisi, che sarà invece per Angelo Motta un trampolino di lancio per la sua fortuna. Il fondatore di quello che diventerà uno dei marchi più importanti dell’industria dolciaria italiana, ebbe infatti la brillante idea di offrirsi di lavorare i prodotti per tutti i negozi, riunendo in un unico laboratorio gli ingredienti limitati forniti ad ogni artigiano, innalzando quindi la qualità delle lavorazioni e riducendo i costi di produzione. Dopo un’interruzione dovuta alla chiamata alla leva, nel 1917 Angelo Motta fonda la sua prima pasticceria in Via della Chiusa “Angelo Motta Pasticciere” dove, dopo anni di studi e sperimentazioni, vede la luce il panettone che tutti conosciamo, basato sulla sostituzione del lievito in polvere e di birra con il lievito madre che, sebbene aumentasse i tempi di lievitazione, rendeva gli impasti più soffici, insieme ad un aumento nelle dosi di uova e burro. Ispirato inoltre dal kulič russo, dolce pasquale che il Motta aveva preparato in passato per la comunità ortodossa di Milano, Angelo decise di circondare l’impasto con un pirottino in modo da favorire uno sviluppo verticale anziché in larghezza e ottenere così un lievitato più alto dell’originale. Da allora la strada del successo fu spalancata: dall’apertura del bar Motta in piazza Duomo alla prima produzione di massa del panettone che lo ho portato a varcare i confini nazionali, rendendolo un prodotto conosciuto e apprezzato in ogni parte del mondo al punto da essere ormai impossibile pensare al Natale senza panettone e la tradizionale lotta con il pandoro per la conquista del cuore e della gola di noi italiani.

Le nostre pasticcerie preferite

Di seguito un breve elenco delle pasticcerie dove acquistare panettoni artigianali: da quelli tradizionali a quelli frutto di moderne rivisitazioni e accostamenti audaci, frutto del talento di mastri pasticceri che hanno deciso di creare una loro interpretazione del dolce simbolo della città.

Pasticceria Cova

Pasticceria Martesana

Pasticceria Pavé

Pasticceria Sant Ambroeus

Pasticceria Migliavacca

Approfondimenti

Per altre ricette della tradizione milanese, vi rimandiamo ai seguenti articoli:

Piatti tipici: 2 ricette della tradizione

Non solo panettone: la Barbajada

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