Milano e i suoi tram: quelli storici, con le scomode panche di legno su cui si scivola inevitabilmente, con il loro inconfondibile cigolio e l’ancor più caratteristico scampanellio. I tram, con le loro rotaie, tanto amate ma anche tanto odiate per le insidie che nascondo, pronte a colpire anche i più attenti, soprattutto nelle lunghe giornate di pioggia.

Due linee di tram hanno contrassegnato la storia di Milano: il Gamba de Legn’ e la GIoconda. Vediamole insieme

  1. Il Gamba de Legn’
  2. Un tram chiamato Gioconda

Il Gamba de Legn’

È lo storico e amato tram di Milano, nato il 9 settembre 1878 e che è andato a sostituire i vetusti omnibus trainati da cavalli che potevano trasportare una decina di persone al massimo. Era questo un periodo di forte espansione industriale, contrassegnata dalla richiesta di aree sempre più estese per la costruzione di nuove industrie: nuove fabbriche che iniziarono a essere edificate fuori dalle città. Tuttavia le strade di comunicazione allora esistenti non erano certo paragonabili a quelle odierne. Si trattava infatti di strade sterrate dissestate, irte di buche e dossi o, nel migliore dei casi, rivestite con il famoso e famigerato pavé. Inoltre la città era sprovvista di un vero e proprio servizio di trasporto pubblico per cui spesso gli abitanti erano costretti a spostarsi con mezzi propri, vetture di piazza o con gli omnibus urbani a motrice animale. Tali mezzi di trasporto, con il crescere dell’industrializzazione e dell’espansione della città non erano più in grado di rispondere alle crescenti esigenze di mobilità dei cittadini che quotidianamente si muovevano per le strade di Milano. Fu in questo contesto che vennero approntati i lavori per la costruzione di una tranvia a vapore che servisse sia la città sia le sue immediate vicinanze, dando così il via al primo pendolarismo tra la città e quei sobborghi in cui si erano insediate le industrie. È quindi facilmente comprensibile il successo del Gamba de Legn’: un tram su rotaie, avente come motore una locomotiva a vapore, in grado di trasportare un numero di passeggeri decisamente superiore a quello consentito da altri mezzi. La popolarità di questo tram a vapore fu talmente grande da venir noleggiato dalle imprese per organizzare le prime “gite aziendali” di massa per i propri dipendenti.

Il Gamba de Legn’ aveva il suo capolinea milanese inizialmente nell’odierna piazza Baracca e solo nel 1911 fu spostato all’interno del deposito carrozze di corso Vercelli.
Per quanto riguarda l’origine del nome ci sono diverse ipotesi:
. L’usanza di fa precedere il treno in alcune circostanze (nebbia, traffico od ordine pubblico) da un uomo a piedi con fischietto e bandiera rossa per segnalare i possibili pericoli. Uno di questi addetti (“il sciùr Romìldo”) inciampò nelle rotaie perdendo una gamba, che venne sostituita appunto con una gamba di legno.
. Il movimento caracollante del treno stesso, somigliante a una camminata claudicante. Infatti il treno era anche chiamato s’gich o s’giccherlìn che in dialetto dà appunto l’idea di zoppia.
. Il caratteristico “to-toc, to-toc” che accompagnava il passare del treno, simile al rumore di una stampella di legno.

Questo storico tram continuò a marciare fino a metà del secolo scorso ma all’alba del 1957 non solo erano ormai aperti e ben avviati i lavori della Metropolitana Milanese ma si stava anche provvedendo alla sostituzione delle linee a vapore e tranviarie interurbane. Di conseguenza il Gamba de Legn’ venne mandato in pensione, terminando la sua onorata carriera il 31 agosto 1957, in un tripudio di folla festante e alla presenza di radio e televisione. Una volta chiusa la linea, quattro motrici, ventiquattro carrozze e due carri merci passarono sulla Monza-Trezzo che rimase attiva fino all’anno successivo mentre una motrice e due carrozze furono inviate al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Tutto il resto del materiale fu demolito nel cortile del Deposito di Corso Vercelli n°33, deposito che da lì a breve avrebbe condiviso il destino dello storico tram: venne infatti demolito e il suo posto venne preso a un moderno palazzo mentre il rimanente della linea fu smantellato.

Un tram chiamato Gioconda

Un esempio lampante della caustica ironia dei milanesi: il tram chiamato Gioconda. Tra i tanti primati di Milano, questo di cui stiamo per parlare è decisamente uno dei più singolari: un tram funebre. La città meneghina è stata infatti l’unica città d’Italia, a poter vantarsi di possedere, tra il 1895 e il 1928, un tram destinato al trasporto delle salme. Un servizio decisamente particolare, nato in seguito alla forte espansione della città. Siamo infatti alla fine dell’800, a vent’anni dall’apertura del Cimitero Monumentale (avvenuta il 2 novembre 1866): le prime fabbriche erano ormai stabilmente avviate, richiamando alla città una quantità sempre maggiore di nuovi abitanti, con le loro esigenze abitative, commerciali e di svago. Milano assisteva in quel periodo a una forte espansione, cui si accompagnava necessariamente un allargamento dei propri confini municipali e i cimiteri non potevano sfuggire a tale espansione. Si rese quindi necessaria la costruzione di un nuovo cimitero, per far fronte all’aumento dei decessi che si accompagnavano all’aumento della popolazione: per questo motivo si decise di aprire un secondo cimitero, nella zona di Musocco, il cimitero Maggiore (più noto semplicemente come Musocco) su progetto degli ingegneri Luigi Mazzocchi ed Enrico Brotti e contestualmente di chiudere definitivamente gli ultimi quattro cimiteri cittadini ancora in funzione: Porta Garibaldi, Porta Vittoria, il Gentilino e Porta Magenta. L’area prescelta fu una vasta area rurale, subito oltre la Certosa di Garegnano dove sorgeva l’antico Bosco della Merlata. Oggi siamo diamo per sconto che la zona Musocco faccia parte della città e i 4 chilometri che la separano dal centro siano facilmente percorribili: ma all’epoca di cui stiamo parlando questa zona costituiva un comune autonomo raggiungibile solo tramite una strada polverosa che percorreva un lungo tratto di aperta campagna e, come abbiamo visto, la città non disponeva dell’estesa rete di trasporti pubblici di cui godiamo oggi. L’amministrazione comunale si rese quindi subito conto della difficoltà che avrebbero incontrato i cortei funebri, soprattutto nel caso di persone con scarsi mezzi finanziari, che non potevano permettersi spostamenti con mezzi privati. Di conseguenza venne stipulato un accordo con la società che si occupava della gestione dei tram elettrici, la Edison, per cercare di venire incontro alle esigenze delle fasce meno abbienti della cittadinanza. Fu così che vennero realizzati i tram funebri: un servizio che, nella sua massima espansione, contava ben 22 motrici e 16 vetture. I tram erano facilmente distinguibili dal loro colore nero ed erano dotati di tutti i confort allora disponibili: riscaldati o ventilati a seconda della stagione, con sedili imbottiti rivestiti in velluto e vetri smerigliati per tutelare la privacy. Fu quindi naturale, per chi conosca lo spirito meneghino, che gli abitanti della città, al passare di questo tram nero esclamassero “tel chì el Gioconda”. E in un attimo il nome rimase affibbiato al tram, che passò alla storia proprio con questo affettuoso nomignolo. Il convoglio era composto da due o più vetture, una per la salma, le altre destinate al trasporto dei parenti e del clero diretto al cimitero. La prima di queste vetture, era suddivisa in due scompartimenti, da otto posti ognuno: il primo, riservato al clero ed agli addetti dell’impresa funebre, il secondo, ai ‘dolenti’ cioè ai parenti più prossimi del defunto. L’eventuale seconda vettura era riservata a quanti altri intendevano essere presenti alla tumulazione del defunto.

La stazione di partenza di questi tram era situata proprio di fianco al muro perimetrale del Cimitero Monumentale, nell’odierna via Nono (più o meno all’altezza dell’attuale fermata Cenisio della metropolitana Lilla), all’epoca via Bramante e per questo chiamata, con molta fantasia, “stazione Bramante”: qui confluivano, dalle varie parrocchie, le salme che sarebbero state avviate in tram al cimitero. La stazione Bramante era composta da due sale per la benedizione delle salme, eventualmente utilizzabili anche per discorsi commemorativi, e altre stanze di deposito dei feretri in arrivo dalle varie parrocchie della città. All’arrivo del tram ‘Gioconda‘, il feretro veniva caricato sulla motrice, mentre parenti e conoscenti salivano sulle vetture a rimorchio. A questa prima stazione ne venne presto affiancata anche un’altra, destinata a servire la parte meridionale della città: fu inaugurata il 3 ottobre 1907, allestita in una palazzina liberty costruita sfruttando un baluardo dei vecchi bastioni spagnoli, accanto alla Porta Romana (oggi piazzale Medaglie d’oro). L’amministrazione cittadina mostrò inoltre un tatto e una sensibilità oggi difficilmente ritrovabili: la stazione dei tram venne infatti progettata per poter trasportare due salme senza che vi fosse un contatto tra i rispettivi gruppi di congiunti e amici, in modo da garantirne la riservatezza in un momento così delicato. Inoltre le fermate dei tram funebri erano distante da depositi e stazioni di manutenzione, per evitare che i rumori e le voci degli operai potessero disturbare il corteo. I tram in partenza da entrambe le stazioni toccavano i due cimiteri principali della città: prima il Cimitero Monumentale per poi fare capolinea al Cimitero Maggiore. Di fronte al cimitero monumentale era presente un’elegante pensilina in ferro a tre campate sostenute da sedici colonnine in ghisa. La campata centrale, più alta di quelle laterali, era destinata al tram in prosecuzione per il cimitero Maggiore mentre le altre servivano per le motrici destinate al Monumentale.

Il servizio dei tram funebri rimase attivo fin a quando il trasporto su gomma non divenne più vantaggioso: soppresso nel biennio 1928/1930, i tram neri vennero riverniciati e riconvertiti a vetture di servizio per la manutenzione delle linee tranviarie. La stazione di piazzale Medaglie d’Oro fu prima trasformata in circolo ricreativo per i dipendenti tranviari mentre oggi ospita un istituto termale. Il collegamento col cimitero maggiore fu però garantito dalle linee tranviarie 14 e 37.

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