Cascine milanesi: spazi che ci riportano agli antichi mestieri legati alla terra, che sopravvivono accanto alla modernità. Scampoli di un mondo antico, per molti il mondo dei propri nonni o bisnonni: un mondo che troviamo immortalato nelle vecchie fotografie, dai colori sbiaditi. Ma un mondo che in realtà continua a esistere e a permetterci di assaporare i prodotti della nostra terra.
Attualmente il territorio del comune di Milano conta un centinaio di cascine, alcune delle quali ancora in attività mentre altre sono state riconvertite in abitazioni, ristoranti o agriturismi. L’Associazione Cascine Milanesi (costituita nel 2013) comprende 61 cascine appartenenti all’amministrazione comunale mentre le rimanenti sono di proprietà privata e religiosa. In questo breve spazio, presenteremo alcune delle principali cascine della città, tutte facilmente raggiungibili anche con i mezzi pubblici.

  1. Breve storia delle cascine
  2. Cascina Linterno
  3. Cascina Caldera
  4. Cascina Monterobbio
  5. Cascina Martesana

Breve storia delle cascine

Le cascine iniziarono a sorgere dopo le importanti opere di bonifica dei territori circostanti la città messe in atto, a partire al XII secolo, dalle congregazioni dei frati cistercensi e degli Umiliati. Fu infatti grazie a loro che le molte acque milanesi iniziarono a essere incanalate in rogge e canali e si iniziò la coltivazione del grano. In questo modo, nel giro di due secoli queste zone subirono una trasformazione radicale, diventando una delle aree agricole più fiorenti d’Europa. Le odierne cascine sono figlie di questi primi complessi agricoli a stampo monastico, chiamati grange (dal latino “granea” ossia granaio) e progressivamente entrate in possesso di privati, sia nobili sia contadini. Il termine cascina (XII sec.) origina dal latino volgare capsia (recinto per bestiame) in seguito divenuto capsina, poi cassina e infine cascina. Nel corso del tempo ai primi edifici se ne aggiunsero altri per far posto alle varie famiglie che vi risiedevano: in media ogni cascina (o cassina) ospitava dalle 10 alle 20 famiglie, tutte occupate nelle attività agricole. Il sistema delle cascine visse la sua massima espansione nel periodo compreso tra il XVI e il XIX, dopodiché, l’inizio dell’industrializzazione si accompagnò a un progressivo abbandono delle campagne con la conseguente caduta in rovina delle cascine. La tipologia architettonica è caratterizzata da una corte chiusa con una tipica pianta a “L”, a “U” con un grande cortile rettangolare su cui si affacciano da un lato le abitazioni e dall’altro le stalle e i vari depositi. Ogni cascina era completa di tutti i servizi necessari per la vita della comunità che vi risedeva, rendendola di fatto una comunità autonoma e autosufficiente. In alcuni casi erano presenti anche una cappella se non quando una vera e propria chiesetta con il proprio altare consacrato dove il sacerdote della parrocchia vicina celebrava le funzioni sacre. Inoltre alcune delle cascine più antiche, risalenti al XIV-XV secolo, erano fortificate per difendersi dalle numerose bande di briganti che in quegli anni flagellavano le campagne.


Cascina Linterno

Conosciuta più comunemente con il come cascina Inferno, è uno degli esempi più antichi di insediamento agricolo a Milano, da poco restaurato con un mirabile intervento del Politecnico di Milano. Molteplici sono le particolarità di questa cascina, a cominciare dalla sua posizione, in quanto si trova infatti in via Fratelli Zoia, nelle vicinanze del parco delle cave, dove le antiche mura spagnole si mantengono in un ottimo stato di conservazione. L’esistenza di questa cascina è di antica data: la sua presenza infatti era già documentata nel 1154, come si evince da una pergamena della Canonica di Sant’ Ambrogio, la “Carta Investiture” dove, in un atto notarile, viene citata come ‘Infernum’, nome che la identificherà sino alla fine del ‘500. Ma non lasciamoci fuorviare dal nome, che nulla ha a che fare con la dannazione eterna. Semplicemente l’appellativo ‘Infernum’ potrebbe derivare dal toponimo germanico o dal longobardo “fern, lontano (fondo lontano). Inizialmente questa cascina, situata lungo la via Longa, una diramazione dell’antica via francigena, era gestita da una comunità monastica associata verosimilmente alla Commenda di Santa Maria del Tempio e comprendeva un’azienda agricola e un ricovero per i pellegrini. Nei secoli passati queste erano terre fertili, ricche di corsi d’acqua e di boschi silenziosi: un paesaggio talmente suggestivo da fare breccia nel cuore di Francesco Petrarca, che invitato a Milano da Giovanni Visconti tra il 1353 e il 1361, proprio qui scelse di dimorare, preferendola alla basilica di sant’Ambrogio. Cascina linterno assunse la tipica forma di corte chiusa delle cascine lombarde verso il 1440, quando vennero aggiunte le stalle ed i porticati: inoltre nel corso degli anni si andarono aggiungendo, attorno al nucleo centrale, altre costruzioni facendo diventare la Cascina Linterno un vero e proprio borgo agricolo. Nell’ottobre del 1754 venne consacrata la chiesetta della Cascina, dedicata alla Vergine Assunta. La funzione di locanda e ricovero è proseguita nel corso dei secoli: infatti sino agli anni 50 sul muro esterno che si affaccia sulla via era scritto “Osteria del Petrarca”. Come ogni luogo particolare, anche cascina linterno ha le sue leggende. Una in particolare ruota intorno alla chiesetta e alla più piccola delle sue campane: datata 1753, fu chiamata “la campana de la tempesta” in quanto si credeva che se fosse stata suonata da un bambino o da una bambina, avesse il potere di allontanare dalla zona le grandinate ed i temporali. Nel 1999 la cascina venne dichiarata monumento tutelato dal Ministero dei Beni Culturali. Come abbiamo detto, la cascina è stata da poco restaurata nel 2014 dopo un prolungato periodo di chiusura iniziato nel 2002 a seguito dello sfratto esecutivo ricevuto dall’allora agricoltore della proprietà. Mentre la Chiesetta ed alcuni locali sono stati riassegnati in comodato precario all’Associazione Amici Cascina Linterno nel 2005, nel 2010 il complesso è stato acquisito dal Comune di Milano e riaperto alla cittadinanza nel 2010. Attualmente sono numerose le iniziative tenute presso la cascina.

Sito di cascina Linterno


Cascina Caldera

La milanesità di questa cascina è già tutta nel nome: caldera è infatti espressione dialettale che significa caldaia e le è stato assegnato a causa dell’avvallamento del terreno a forma circolare su cui sorge. Il complesso si trova all’interno del parco delle Cave, vasta oasi naturalistica fra Baggio e Quinto nata dopo il cessato sfruttamento delle cave di ghiaia negli anni 70. Questa cascina si distingue in quanto è una delle poche cascine che ancora oggi utilizzano l’acqua di un fontanile per le funzioni di irrigazione, coltivazione e allevamento. Cascina caldera è del XVI secolo: a fine ‘500 era proprietà della famiglia nobile Rainoldi che vi fece erigere nel 1608 una piccola chiesa dedicata a Carlo Borromeo (quindi già due anni prima della canonizzazione ufficiale del Santo). Purtroppo come tutti i complessi agricoli del milanese è andata incontro a un destino di degrado e abbandono: solo nel 2002 iniziarono i lavori di recupero, quando la gestione passò all’azienda agricola caldera di Franco Zamboni e della famiglia Campi. Ad oggi le attività della cascina sono la coltivazione, l’allevamento e un maneggio. Inoltre è stata mantenuta una marcita a scopo didattico-culturale. Ci preme sottolineare come l’allevamento degli animali non sia a scopo di rendita ma puramente didattico. Cascina Caldera si trova in via Caldera 69 ed è raggiungibile con vari mezzi: partendo dalla nostra sede la combinazione migliore è passante ferroviario + linea 5 (fermata San Siro).

Pagina ufficiale cascina Caldera


Cascina Monterobbio

Situata in via San Paolino, a pochi passi dalla fermata della metropolitana di Famagosta e dallo svincolo della tangenziale, questa cascina possiede tesori preziosi e inaspettati: al suo interno sono infatti contenuti affreschi di Francesco Hayez. Inoltre qui hanno trovato ospitalità personaggi illustri quali Napoleone e Alessandro Manzoni. Il nome Monterobbio deriva da un antico bosco di querce che sarebbe stato sacro a Venere e Mercurio: Mons Romur, Monte Quercia da qui appunto Monterobbio. Le prime destinazioni di questo complesso non erano di stampo agricolo: sembra infatti che sia stato inizialmente un presidio militare visconteo, situato alle porte della città contro eventuali invasori provenienti dalla strada che portava a Pavia. Nel XIV secolo il presidio entrò in possesso delle Monache di Fonteggio, già proprietarie del fondo agricolo della Chiesa Rossa (per un approfondimento Chiesa Rossa: 5 strutture e un parco), che lo utilizzarono inizialmente come corpo di fabbrica per controllare le acque a monte di Conca Fallata. A questo proposito esistono tracce di un sottopassaggio che collegava questo complesso con il monastero di Chiesa Rossa, utilizzato anche durante la resistenza: infatti all’esterno della cascina è posta una lapide che ricorda il sacrificio di 5 partigiani. Nonostante i preziosi tesori racchiusi al suo interno e nonostante sia stata dichiarata di interesse storico e artistico dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia del Ministero, cascina Monterobbio giace è preda del degrado. Le sale con gli affreschi di Hayez non sono visitabili perché recentemente il comune le ha chiuse impedendone l’accesso: c’è da dire che anche se fossero aperte non ci sarebbe nulla da vedere, in quanto sigillati sotto la calce.


Cascina Martesana

Un’altra cascina immersa nel verde, in questo caso il verde del Parco della Martesana e la sua posizione la rende facilmente raggiungibile. Si trova infatti a pochi passi dalla fermata della metro 1 Turro ed è situata, come attesta il nome, di fianco al corso del naviglio Martesana, lungo la più estesa via ciclo-pedonale della città (ne abbiamo parlato qui). Proprio questa sua collocazione l’ha resa uno dei punti di ritrovo e ristoro più frequentati della città, soprattutto durante la bella stagione. Infatti sono numerosi gli eventi organizzati presso i suoi spazi, dove trovano posto diverse attività gestite dall’associazione culturale ETC- Ecologia Turismo Cultura. La storia di questa cascina è particolare in quanto in origine nasce come piscina all’aperto per soli uomini, “El bagnin de Gorla”, ricavata da una vasca del Cavo Taverna, canale irriguo del naviglio Martesana. Nel corso del boom industriale degli anni ’70 su quest’area fu costruito uno stabilimento di trancerie metalliche in funzione fino agli anni Novanta quando chiuse i battenti, decretando il conseguente abbandono dell’area. A fronte dell’incuria dell’amministrazione per questi luoghi, nel 2012 si fecero avanti tre giovani imprenditori con lo scopo di riqualificare l’area attraverso un progetto di promozione del turismo legato proprio al naviglio Martesana. L’idea era appunto quella di creare un punto di ristoro e assistenza per i ciclisti che funzionasse al contempo quale centro d’aggregazione culturale e sociale. Fu così che nel 2014 vide la luce la nuova cascina Martesana che ospita al suo interno un giardino, un bar, spazi per grigliare, amache e uno spazio espositivo.

Sito di cascina Martesana