1. Chiesa di San Pietro in Gessate
2. Abbazia di Viboldone
3. Basilica di Santa Maria in Calvenzano
4. Abbazia di Mirasole
5. Abbazia di San Lorenzo di Monluè
6. Certosa di Garegnano
7. Infine

Andar per abbazie a Milano e in Lombardia, seguendo le orme di Guglielmo da Baskerville, avvolti nelle atmosfere della trilogia dei Pilastri della Terra. Sembrerebbe strano trovare un così grande numero di monasteri nel nostro territorio: uso il condizionale perché questa stranezza è solo apparente, frutto di pregiudizi. Potrebbe sembrare strano perché, tra le prime caratteristiche che ci vengono immediatamente in mente quando pensiamo “Milano”, poche sono quelle che riguardano hanno la sacralità e le atmosfere silenziose tipiche delle abbazie. Piuttosto sono i simboli della modernità quelli che per prima si affacciano alla nostra mente: grattacieli, velocità, affari, moda, shopping. Invece Milano e la Lombardia possiedono isole di spiritualità e di silenzio, a volte accanto a edifici costruiti secondo le ultime tendenze architettoniche. Da questo punto di vista, possiamo osare un parallelo con Tokio, dove le luci di quartieri ipermoderni si alternano a templi in cui i cittadini cercano momenti di raccoglimento.
Quindi iniziamo questo breve viaggio tra 6 abbazie milanesi, magari con Il nome della rosa in borsa, quale compagno fedele di viaggio.


Chiesa di San Pietro in Gessate

Iniziamo dal centro di Milano, in corso di Porta Vittoria, proprio di fronte al tribunale, in quella che un tempo era la zona di Porta Tosa. Qui sorge una piccola chiesa, spesso ignorata da chi si trova a passarvi di fronte: la chiesa di San Pietro in Gessate, un gioiello del 400. Prima ancora della sua edificazione, in quest’area era presente una chiesa degli Umiliati dedicata ai Santi Pietro e Paolo e detta in Glaxiate, con annesso monastero. Incerta l’origine del nome “Glaxiate”: potrebbe essere riferito al luogo di provenienza della comunità oppure al nome della famiglia che avrebbe fondato il monastero. L’abbazia sorgeva qui, dove una volta era aperta campagna, nei pressi di un naviglio che portava le acque nel fossato interno verso Monluè, dove esisteva un’altra importante casa degli Umiliati. Nel corso del Trecento in seguito a una bolla papale che disponeva la soppressione dell’ordine degli Umiliati, iniziarono i lavori per convertire l’abbazia in priorato della congregazione benedettina di S. Giustina a Padova. Purtroppo nei documenti ufficiali non è riportato il nome dell’architetto responsabile del progetto della nuova chiesa ma le marcate somiglianze con S. Maria delle Grazie a Milano ha portato a ipotizzare che il responsabile fosse Guiniforte Solari, che proprio verso il 1460 raggiungeva il culmine della fortuna professionale risultando coinvolto nei più significativi cantieri milanesi (ricordiamo la sua nomina a ingegnere nella Fabbrica del duomo di Milano e della certosa di Pavia). Come tutte le chiese, anche San Pietro in Gessate subì importanti modifiche nel corso dei secoli: il primo intervento si ebbe nel 1571 quando l’abside, originariamente semplice cappella rettangolare, venne allungata fino ad assumere l’attuale forma. In epoca barocca, (quindi tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo) si procedette alla restaurazione del campanile (ancora visibile nel 1950) e dei tre portali d’accesso. Dell’abside originaria della chiesa resta qualche traccia nel vano d’accesso quadrato con copertura a ombrello e nei capitelli pensili della sagrestia.

Agli inizi del 900 fu condotto un restauro importante della facciata con l’eliminazione dei due ingressi laterali e la loro sostituzione con alte monofore ogivali, la revisione del rosone centrale e delle aperture e l’aggiunta di elementi decorativi in terracotta in corrispondenza dei quattro contrafforti. Di particolare rilevanza sono le cappelle situate sul lato sinistro della chiesa che con la loro decorazione pittorica e plastica costituiscono un ricco repertorio della cultura figurativa lombarda tra la fine del Quattro e il primo Cinquecento. Infatti, nelle parole di Baroni-Samek, gli affreschi della cappella Grifi “rimangono nonostante il precario stato di conservazione, il più importante ciclo lombardo del genere, dopo la cappella Portinari”. (La pittura lombarda del Quattrocento). Quello che si può ammirare nella cappella Grigi sono gli splendidi affreschi delle Storie di Sant’Ambrogio eseguite da Bernardino Butinone e Bernardo Zenale. Sempre in questa cappella è presente una statua tombale con la rappresentazione scultorea del cadavere di Ambrogio Grifi (medico di corte e consigliere ducale nonché committente degli affreschi) realizzata da Benedetto Briosco.

Nelle ultime decadi del 700 l’abbazia venne soppressa e il monastero, con la sua dotazione patrimoniale e la sua documentazione, venne ceduto al Pio Luogo Trivulzio, che lo adibì a orfanotrofio maschile. Qui furono ospitati fino al 1932 gli ottocento orfani di San Martino, i famosi “Martinitt”, provenienti da Via Manzoni (le orfane invece venivano chiamate “Stellinn”, stelline).
Purtroppo i bombardamenti della seconda guerra mondiali devastarono questa zona, danneggiando in maniera irrimediabile la navata destra e i suoi affreschi.


Abbazia di Viboldone – San Giuliano Milanese

Immersa nelle campagne a ridosso di Milano, troviamo l’abbazia di Viboldone, uno dei più importanti complessi medievali della Lombardia, anch’essa appartenente in origine alla comunità degli Umiliati. Come abbiamo già avuto modo di raccontare in altri articoli ( ad esempio Naviglio Martesana), Milano e le sue campagne erano ricche di corsi acqua e fu proprio questo l’elemento che vide il fiorire di numerose comunità monastiche in queste zone. La fondazione dell’abbazia di San Pietro di Viboldone avviene nel 1176: purtroppo del nucleo originario di questa chiesa non rimane alcuna traccia. infatti la struttura che si presenta oggi è frutto di una radicale ricostruzione realizzata tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo.
Sono diversi gli elementi che rendono particolare questa abbazia, rendendo imprescindibile una sua visita, al di là dell’alone di spiritualità che la pervade. Infatti, una volta varcata la soglia della chiesa, ci accoglie uno dei più ampi e significativi complessi di affreschi gotici presenti in Lombardia. Nella lunetta sopra l’arco di accesso alla zona absidale trova posto la Madonna col Bambino in trono, datata 1349, mentre sulle tre pareti dell’ultima campata fanno sfoggio di sé le decorazioni raffiguranti il Giudizio Universale opera di Giusto de’ Menabuoi. Infine la quarta campata della navata centrale è interamente decorata con Storie della Vita di Cristo, di cui si ignora l’autore.
Un’ultima particolarità che contraddistingue questa abbazia è che a presidiarla troviamo le Monache dell’Ordine di S. Benedetto, che proprio quest’anno hanno festeggiato gli 80 anni di presenza sul territorio del monastero, essendovi giunte il 1° maggio del 1941. La comunità delle monache benedettine unisce il rispetto della regola aurea “ora et labora” con la tradizione di amore del libro e della scrittura proprio del monachesimo benedettino provvedendo al proprio sostentamento attraverso l’attività di stampa, legatoria e restauro di libri antichi. Ma non dobbiamo immaginarci uno stanzone buio: presso il monastero è infatti attivo un Laboratorio di Restauro del libro antico che opera da più di 40 anni su documenti cartacei e membranacei appartenenti a Enti pubblici come Biblioteche e Archivi (statali, regionali e comunali), Enti Ecclesiastici (biblioteche e archivi di parrocchie e seminari) e privati. Il laboratorio cerca di restituire l’integrità originale del manufatto attraverso vari reparti: un settore tipografico che opera interamente in digitale; un settore di legatoria deputato alle varie fasi di ricomposizione dei volumi (rilegatura libri, cartografia) e infine un reparto di scrittura di icone su diversi supporti (tavola di legno, ceri pasquali, pergamene).
Per chi volesse immergersi ancora di più in atmosfere antiche e condividere un momento di raccoglimento in preghiera, le porte dell’Abbazia sono aperte dalle 5.30 del mattino fino all’ora del vespro. Particolarmente suggestivo il rito che porta a termine le celebrazioni della quaresima con l’accensione, nella notte di Pasqua, del fuoco nuovo sul sagrato della chiesa. Inoltre il Monastero dispone di una per l’ospitalità di chiunque senta la necessità di ritirarsi per qualche giorno in uno spazio di silenzio e di meditazione.

http://www.viboldone.com/index.asp


Basilica di Santa Maria in Calvenzano – Vizzolo Predabissi (MI)

Eccoci giunti a Vizzolo Predabissi, nel territorio di Melagnano, a una ventina di chilometri da via Gustavo Modena, dove si trova International Residence . La basilica di Santa Maria in Calvenzano è una sovrapposizione di tre edifici diversi: un edificio funerario paleocristiano (IV secolo), una chiesetta dell’anno Mille e una chiesa cluniacense (i cluniacensi erano una congregazione religiosa fondata a Cluny da S. Bernone, nell’ anno 910). L’abbazia è stata quindi edificata dai cistercensi alla fine del secolo XI sui resti di questi edifici preesistenti: possiamo ben dire una stratificazione di culti, di spiritualità. L’edificio più antico è stato ricoperto durante l’XI secolo da una piccola chiesa dedicata a Santa Maria appartenente, insieme ai territori circostanti, ad alcuni vassalli dell’Arcivescovo di Milano. Come attestato dalla documentazione rinvenuta, la chiesa è stata successivamente donata all’Abbazia benedettina di Cluny, il centro di una congregazione destinata a rivestire un ruolo importante nel corso del Medioevo: l’ordine cluniacense. L’abbazia di Santa Maria è infatti uno dei quasi millecinquecento siti, il primo in terra ambrosiana, che il potente ordine di Cluny fondò e gestì in tutta la cristianità d’Occidente portando avanti le consuete opere di evangelizzazione e bonifica dei territori.
Una volta giunti in questo territorio, i monaci cistercensi iniziarono la costruzione della loro chiesa, destinata a inglobare la preesistente chiesa di Santa Maria. La nuova abbazia cistercense è stata edificata secondo lo stile romanico e possiede due caratteristiche peculiari: l’uso di mattoni di “reimpiego” provenienti da costruzioni o da crolli precedenti e la loro disposizione a spina pesce, tecnica quest’ultima utile non solo per la decorazione ma anche per conservare la chiesa più antica fin quando possibile. La nuova chiesa di Santa Maria presenta tre navate e tre absidi mentre mancano sia il transetto sia le cappelle secondo l’impostazione tipicamente cluniacense. Sulla facciata sono raffigurate storie dell’Incarnazione, con particolare riguardo a Maria, che è la titolare della chiesa. Il portale racchiude quello che è considerato il gioiello della chiesa: un mirabile racconto per immagini dell’Infanzia di Cristo, con episodi ispirati ai Vangeli, agli Apocrifi e altri testi antichi che rappresenta una delle creazioni più alte della scultura romanica milanese.

Sito della Basilica di Santa Maria in Calvenzano


Abbazia di Mirasole

Siamo a Opera, primo hinterland di Milano: qui arriviamo al cospetto di una tra le maggiori aeree di interesse artistico e culturale del territorio milanese. Il complesso monastico di Mirasole è uno degli esempi meglio conservati di corte colonica medioevale: in questo scenario possiamo facilmente immaginarci la vita dei monaci durante il medioevo, spesa tra le mura di questi edifici. Possiamo anche figurarci il silenzio che regnava nelle notti dell’abbazia, rotto dalle preghiere e dagli inni sacri, il biancore dell’alba, con il risveglio della comunità e l’inizio delle occupazioni quotidiane. Nel cortile protetto dal fossato e difeso da una torre munita in origine di ponte levatoio si aprivano, oltre alla chiesa dedicata a Santa Maria Assunta e al chiostro, stalle, abitazioni e laboratori per la lavorazione della lana. Inoltre sul chiostro si affacciavano refettorio, cucine, sala capitolare e sagrestia mentre al primo piano erano presenti i dormitori e un granaio. Gli ingresso nelle mura di cinta erano due: uno dalla città, sormontato da una torre duecentesca, l’altro dai campi. Anche qui ritroviamo la comunità degli Umiliati, che furono i primi possidenti dell’abbazia, poi costretti ad abbandonarla in seguito alla soppressione nel 1571 del loro ordine da parte di papa da Pio V, a causa di un fallito attentato a Carlo Borromeo. Il monastero venne quindi ceduto al Collegio Elvetico, che ne ebbe il possesso fino a quando il solito Napoleone lo cedette, nel 1797, da Napoleone Bonaparte all’Ospedale Maggiore di Milano, come ricompensa per le cure prestate ai suoi soldati. Dopo un periodo di abbandono e degrado, cui purtroppo la storia ci ha abituati, nell’ottobre 2013, dopo 5 secoli, l’Abbazia è tornata ad essere nuovamente abitata dai monaci. Tuttavia il rilancio ha avuto vita breve: la crisi delle vocazioni ha colpito infatti anche la piccola comunità di Mirasole, costringendo i monaci abbandonare l’Abbazia, a causa dell’esiguo numero di confratelli. Nel maggio 2016 Progetto Arca e Arché hanno vinto un bando di Fondazione Sviluppo Ca’ Granda per realizzare nel complesso abbaziale l’accoglienza di mamme con bambini in stato di fragilità e una comunità di famiglie “accoglienti”, progetti di formazione e inserimento lavorativo. Inoltre dal 2017 Mirasole è Punto Parco del Parco Agricolo Sud di Milano con attività di didattica affidata a Koinè Cooperativa sociale, la stessa che gestisce anche la didattica presso il Mulino di Chiaravalle ( qui un approfondimento sull’abbazia di Chiaravalle e il suo mulino).

Sito Abbazia Mirasole


Abbazia di San Lorenzo di Monluè

A 10 minuti da dove è situato International Residence, via Gustavo Modena, sorge l’abbazia di Monluè, un’altra sede degli Umiliati, sorta nei fertili terreni lambiti dal fiume Lambro, in un territorio conosciuto in antichità con il nome Monte dei lupi, probabilmente a causa presenza di questi animali lungo il percorso del fiume. Qui nel 1267 venne edificato un complesso rispecchiante il tipico impianto architettonico dell’ordine: una cascina a corte chiusa con gli edifici monastici e gli edifici agricoli, circondati da prati, a formare un borgo agricolo, detto grangia. L’intero complesso, tra cui il mulino, molto rimaneggiato, è ancora oggi ben riconoscibile, sebbene frazionato, e rappresenta uno dei migliori esempi sopravvissuti di quel tipo di organizzazione. In seguito allo scioglimento dell’ordine la chiesa divenne chiesa parrocchiale nel 1584. Tale cambiamento ha comportato pesanti rimaneggiamenti all’interno dell’edificio, che era probabilmente decorato con cicli a fresco medievali. Nel Sei e Settecento furono aggiunte quattro cappelle laterali a pianta quadrangolare e furono murate le finestre della facciata per consentire l’installazione di un organo. Oltre all’abazia, il luogo è un vero gioiello per le sue atmosfere antiche, rispecchiata dalla presenza dalla cascina omonima, famosa a Milano per gli eventi estivi che qui sono ospitati


Certosa di Garegnano

Finiamo la nostra prima tappa sulle strade delle abbazie tornando a Milano, dove in via Garegnano 28 ci aspetta Santa Maria assunta in Certosa, appartenente in origine all’ monastico dei certosini.
Immaginiamoci un bosco e proprio al suo centro la basilica. Questa infatti era la cornice della Certosa di Milano, un tempo immersa nel parco della Merlata, appositamente lontano dalle mura cittadine per favorire l’immersione nella preghiera e nel silenzio. Fondata nel 1349 da Giovanni Visconti col nome di “Agnus Dei”, intitolata alla Vergine, a causa della nostra incuria ha perso la parte monastica: infatti nel 1885 si è dovuto procede all’abbattimento del il chiostro su cui si affacciavano le celle dei monaci a causa del grave livello di degrado cui era andato incontro. Una brutta fine per ambienti che hanno ospitato, tra gli altri, Francesco Petrarca che tra il 1357 e il 1361 ha soggiornato più volte in questi spazi, definendo la certosa “nova sed nobilis” (bella e nobile). Dell’antico edificio, permangono, fortunatamente in ottimo stato di conservazione, la chiesa edificata in stile barocco, il chiostro piccolo, il refettorio trasformato in cappella delle suore francescane, la Sala Capitolare e la portineria.

Nel 1782 la Certosa venne soppressa dall’imperatore d‘Austria Giuseppe II e vide le sue celle diventare deposito per le polveri da sparo del Castello Sforzesco. La notte di Natale del successivo anno la Certosa fu proclamata divenne chiesa parrocchiale con la dedicazione a Santa Maria Assunta in Certosa di Garegnano mentre le celle e gli altri ambienti vennero vendute ai privati. Solo nel 1960 i Frati Minori Cappuccini hanno ripreso la struttura ridando la vita ad un’oasi di preghiera e ricca di storia.


La chiesa vera e propria è del 1563, opera dell’architetto della Fabbrica del Duomo Vincenzo Seregni ed è soprattutto l’interno a destare meraviglia, per la presenza di decorazioni di una bellezza tale da far meritare alla Certosa l’appellativo “Cappella Sistina di Milano”. Due sono stati i geni che hanno dato vita agli affreschi: nel 1578 Simone Peterzano, allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio mentre il 1629 vide all’opera Daniele Crespi, tra i maggiori esponenti del Seicento lombardo. Le pareti della navata e della volta ospitano le opere di Crespi, le prime dedicate al racconto della vita di San Bruno, fondatore dell’ordine dei certosini mentre le seconde raccolgono storie dell’Antico Testamento. A proposito del Crespi, l’immancabile leggenda narra che il pittore compì uno o più omicidi per riprodurre nel modo più fedele possibile le espressioni dei moribondi e che per sfuggire al braccio della legge trovò rifugio proprio in seno alla comunità dei certosini. Le opere di Paterzano occupano invece il coro e il presbiterio: la Natività, la Crocefissione e l’Adorazione dei Magi. Durante il settecento la cappella dell’Annunciazione fu ulteriormente impreziosita con dipinti dalle tipiche suggestioni tiepolesche, notevoli soprattutto nel soffitto, opera di Biagio Bellotti.

Sito Certosa di Milano


Infine

Finiamo questa prima parte del nostro viaggio tra le mura delle abbazie milanesi con la citazione finale del libro del maestro Umberto Eco: non credo possa esserci postilla migliore.

 

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus

 

 

 

"Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus"