Abbazia di Chiaravalle: ed è subito “Il nome della rosa”, il meraviglioso libro di Umberto Eco da cui è stato tratto l’omonimo film di Jean-Jacques Annaud, con la magistrale interpretazione di Sean Connery.
L’abbazia di Chiaravalle è uno tra i più importanti e imponenti complessi monastici italiani, fondato nel 1135 da da San Bernardo di Clairvaux. Siamo nel Parco agricolo di Milano Sud, tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo: all’orizzonte si staglia il profilo dell’abbazia, con la sua torre nolare, avvolta da un’atmosfera che non possiamo non definire mistica. La sua vista inevitabilmente ci catapulta in un’altra dimensione temporale e spirituale: in maniera preriflessiva ci troviamo immersi in un’atmosfera che ha un’altra densità. Sembra quasi di poter percepire il suono degli inni gregoriani, i canti dei monaci in cammino nella nebbia invernale verso la Chiesa per i vespri, di vedere all’opera i frati officinali e i mastri birrai. L’abbazia di Chiaravalle porta con sé tutta una serie di rimandi i cui siamo imbevuti e di cui ci accorgiamo forse solo nel momento in cui ci troviamo di fronte a monumenti dal potere evocativo così forte.


Abbazia di Chiaravalle, visione dall'alto

Abbazia di Chiaravalle, visione dall’alto


Fondata nel 1135, abbiamo detto: quest’anno quindi l’Abbazia ha festeggiato i suoi 886 anni. Il che non fa che aumentare il fascino di questo complesso. Oggi rimane poco o nulla delle antiche strutture: infatti la costruzione della chiesa attuale è iniziata tra il 1150 e il 1160, su una prima cappella originaria.

La consacrazione della Chiesa avvenne nel 1221 ad opera del vescovo di Milano Enrico Settala ma la costruzione non si fermò qui: l’abbazia venne infatti sottoposta ad opere di ampliamento nel corso dei secoli. Così videro progressivamente la luce la torre campanaria (1347 – 1349) detta comunemente “Ciribiciaccola“, la sala capitolare (1400) che include graffiti attribuiti alla scuola del Bramante e infine il campanile della facciata (1568 circa). Piccolo dettaglio a margine sul soprannome della torre: il nome Ciribiciaccola deriva probabilmente dalle cicogne che nidificavano sulla torre e dal verso dei loro piccoli. Nel dialetto milanese c’è una filastrocca/scioglilingua che richiama proprio questa parola e l’abbazia stessa:
“Sora del campanin de Ciaravall
gh’è una ciribiciaccola
Con cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt
var pusse’e la ciribiciaccola che i soo cinqcentcinquantacinq ciribiciaccolitt?”

Come quasi tutte le comunità religiose e i luoghi di culto, anche l’abbazia di Chiaravalle è andata incontro ad un periodo di degrado e abbandono, in seguito alla soppressione nel 1798 della comunità monastica fu soppressa a opera della Repubblica Cisalpina. Parte del complesso venne quindi abbattuto e come se non bastasse tra il 1860 e il 1862 subì ulteriori modifiche per via della costruzione della via ferroviaria Milano-Pavia-Genova. Purtroppo il Chiostro Grande, il noviziato, il dormitorio, la casa dell’abate, la sala capitolare e parte delle cappelle del cimitero vennero sciaguratamente distrutte. Fortunatamente alla fine dell’800 iniziarono i primi lavori per il recupero di questo meraviglioso complesso e il 1° marzo 1952, per iniziativa del cardinal Schuster, una comunità di monaci fece definitivo ritorno nell’abbazia.

Abbiamo detto che il campanile dell’orologio risale al 1368. E proprio sull’orologio del campanile vogliamo soffermarci un attimo. Il motivo? Leonardo da Vinci, semplicemente. Infatti l’orologio di Chiaravalle era un orologio astronomico ed è portato ad esempio da Leonardo nel suo Codice Astronomico. Purtroppo la cupidigia umana ci ha privato della possibilità di ammirare quest’opera straordinaria: l’orologio venne infatti distrutto o rubato durante la Repubblica Cisalpina e se ne persero le tracce. Quello che svetta adesso è un modello del 1826. Fortunatamente come abbiamo detto, nel Codice Atlantico di Leonardo è riportato il disegno dettagliato del meccanismo di Chiaravalle, completo delle indicazioni circa il numero di denti delle ruote, oltre ad alcuni particolari meccanici molto interessanti.

Disegno di Leonardo dell'orologio dell'abbazia di Chiaravalle

Disegno di Leonardo dell’orologio di Chiaravalle

 

Inoltre in calce al disegno che raffigura il meccanismo originario è presente una nota scritta da Leonardo stesso che cita testualmente “Oriolo della torre di Chiaravalle il quale mostra luna, sole ore e minuti”


Oltre ad un esterno imponente, l’interno dell’abbazia ospita numerosi capolavori: infatti, nonostante la regola di San Benedetto originariamente vietasse le decorazioni pittoriche, nel corso dei secoli le interpretazioni di tale norma divennero meno rigide. In questo modo l’abbazia di Chiaravalle divenne un luogo prezioso per la storia dell’arte: vi si trovano affreschi eseguiti, tra gli altri da Bernardino Luini, da Stefano Fiorentino, primo allievo di Giotto, dai fratelli Fiammenghini. Menzione d’onore spetta allo straordinario ciclo “Il Transito di Maria“, il ciclo pittorico più importante del Trecento lombardo, opera del migliore allievo di Giotto. Si tratta di un’opera da poco tornata al suo antico splendore grazie a un paziente e prezioso lavoro di restauro, comprendente le scene dell’annunciazione a Maria della sua morte ad opera dell’arcangelo Gabriele, la deposizione del suo corpo nel sepolcro e la successiva Assunzione in cielo.

Abbazia di Chiaravalle, “Il transito di Maria”

E da ultimo, il complesso monastico ospita anche il suo mulino. Di origine incerta, si presume che la sua costruzione sia avvenuta contemporaneamente all’edificazione dell’abbazia anche se il primo documento che lo cita è un testimoniale del 1238 che individua, però, solo il corpo centrale e le due ruote. Venduto alla fine del 1700, tornò nelle disponibilità dell’abbazia solo nel 1977 ma il completo restauro è terminato solo nel 2009. Attualmente la gestione del mulino è affidata alla cooperativa Koiné, che opera nel campo della formazione, educazione e assistenza.

Abbazia di Chiaravalle: presentazione del mulino


Nell’immaginario i monaci sono prima di tutto mastri birrai. Ma in questo caso, l’abbazia di Chiaravalle ha legato il suo nome ad un prodotto inaspettato: il Grana Padano.

Grana Padano e Abbazia di Chiaravalle: l'origine di un'eccellenza

Grana Padano e Abbazia di Chiaravalle: l’origine di un’eccellenza

Il complesso dell’abbazia ospita un monastero benedettino la cui regola fondativa è “ora et labora”, “prega e lavora” E proprio benedettini hanno permesso il recupero di questa zona, ponendo in questo modo le basi per quella fioritura economica ed agricola che tutt’oggi fa della campagna milanese una delle più ricche d’Europa. Infatti la zona di edificazione dell’abbazia, a pochi chilometri a sud delle mura di Milano, era originariamente paludosa e incolta. In virtù delle opere di bonifica messe in atto dai monaci l’area venne progressivamente conquistata alla coltivazione e al pascolo del bestiame. Di conseguenza si pose il problema di come conservare il latte in eccedenza: fu proprio per ovviare a questo problema che i monaci inventarono la ricetta del Grana Padano. Il metodo di conservazione era molto semplice: cuocere il latte in apposite caldaie, aggiungervi il caglio e sottoporlo a salatura e stagionatura. Così nacque un formaggio a pasta dura, originariamente chiamato “caseus vetus”, (formaggio vecchio o invecchiato): il nome grana venne progressivamente mutuato dal linguaggio popolare, che usava tale termine proprio per via della consistenza granulosa del formaggio. Questo formaggio ruvido e consistente iniziò ad essere prodotto nelle caldaie dei monasteri che divennero così i primi veri e proprio caseifici della storia. Sotto l’attenta guida dei monaci cominciarono a diffondersi alcune figure professionali nuove, i casari, esperti appunto nell’arte della produzione del formaggio.


E dopo l’immersione nelle atmosfere dell’abbazia, quale modo migliore per terminare la visita se non quello di degustare i prodotti monastici? Ora et labora, del resto: e infatti presso l’abbazia è possibile non solo acquistare i frutti della produzione monastica ma anche concedersi una degustazione presso il punto di ristoro. Quindi miele, vini e birre ma anche prodotti da forno, piante ed erbe officinali, cosmetici e molto altro ancora., tutto all’insegna del vero Km0!


La vita nell’abbazia è, ovviamente, ancora oggi normata dalla regola benedettina: addentrarsi negli aspetti che definiscono la vita di chi decide di votarsi a Dio e sceglie questo cammino di vita, ci porta in una dimensione completamente diversa. Se da un lato può sembrarci una scelta lontana nel tempo, dall’altra non è difficile rendersi conto di quanto gli insegnamenti di San Benedetto siano drammaticamente attuali. Soprattutto in un periodo come questo, quando stiamo cercando di fare i conti con la pandemia, quando invece di uscirne migliori sembra che ne stiamo uscendo ancor di più divisi in fazioni contrapposte, i richiami di San Benedetto risuonano attuali. Reciprocità e fraterna accoglienza, l’educazione alla “docibilità” del cuore e dello spirito, umiltà, silenzio, ascolto, semplicità, povertà, lavoro manuale: questa alcune delle tracce che San Bernardo di Chiaravalle ha lasciato sul nostro cammino. E forse ne gioveremmo tutti se riuscissimo a farle nostre, per quanto possibile.